Lavorazione

Il formaggio è latte diventato adulto. Non più liquido, ma solido o semisolido”. Ed è; proprio da una particolare attenzione al latte, trattato con tecniche semplici in cui ogni più piccolo dettaglio acquista importanza fondamentale, che nasce il Parmigiano Reggiano.
Una volta portato nel caseificio, la prima fase di lavorazione consiste nel versare quanto munto la sera in speciali vasche larghe e profonde solo qualche centimetro. Si lascia riposare tutta la notte, in modo che la parte grassa, cioé la panna, affiori spontaneamente.

Il giorno seguente, il latte viene scremato e mescolato con quello raccolta alla mattina. La miscela ottenuta è poi versata nella speciale caldaia in rame a forma di campana rovesciata, della capacità di circa 12 quintali, la quantità sufficiente per ottenere 2 forme. A questo punto inizia il riscaldamento e vengono aggiunti i fermenti lattici, ottenuti lasciando acidificare naturalmente il siero della lavorazione del giorno prima. Una volta raggiunta la temperatura di 33°C aggiunto il caglio, rigorosamente di vitello. In circa 15 minuti avviene la “magia” della coagulazione, che dà origine alla massa caseosa e rilascia il prezioso siero, che verrà riutilizzato nelle lavorazioni successive. Il casaro, a questo punto, cuoce la cagliata; poi, quando lo ritiene opportuno, spegne il fuoco e la frantuma con uno speciale bastone a lamine d’acciaio. Quest’ultimo prende il nome di “spino” in quanto, anticamente, si utilizzava per questa operazione un ramo essicato di biancospino punto. Attraverso la spinatura si ricavano dei granuli che via via diventano sempre più piccoli, fino ad avere le dimensioni di un pisello, i quali si depositano sul fondo della caldaia formando una massa granulosa. Segue una seconda cottura a 54° C, che ha lo scopo di eliminare altro siero e, finalmente, dopo essere stata divisa in due, la massa consolidata viene tirata fuori dalla caldaia.

Ancora avvolta dal telo di iuta utilizzato per l’estrazione, viene sistemata nello stampo di legno, formato dalla “fascera” che avvolge la forma e sormontato dal “tondello”, che la comprime. Il giorno dopo si passa alla fascera di ferro dove il formaggio resta altri due o tre giorni per asciugarsi. Il passo successivo è la salatura per immersione in salamoia satura.

A questo punto il formaggio è tecnicamente formato: occorre solo che venga lasciato maturare. Di solito viene conservato per 6-7 mesi nei caseifici, per poi terminare la stagionatura (ideale quella di 2 anni) in grandi magazzini d’invecchiamento. In questa fase le forme vengono regolarmente tenute sotto controllo , fino al raggiungimento della qualità idonea alla marchiatura di garanzia.